CHIESA DI S.VENERANDA: AIUTIAMO CARFIZZI AD USCIRE DALLO STALLO

scritto da Giuseppina Basta

In seguito ai numerosi commenti, miei e di altri cittadini di Carfizzi, compreso il Sindaco – pubblicati su un post di Maria Cianciaruso del 24 marzo c.a. su facebook – ho ricevuto numerosissime mail, che esprimevano pareri diversi sulle motivazioni vere o presunte dell’attrito che si è venuto a creare intorno alla costruzione o ristrutturazione della Chiesa. Ho preso atto che, oltre al ben noto immobilismo della Curia – denunciata attraverso la conferenza stampa dal sindaco di Carfizzi, e divulgata dagli organi di stampa e dai social network – sostanzialmente tutti riferivano la strumentalizzazione che è stata fatta della vicenda da esponenti politici locali, non certo spinti da motivi di fede, salvo conversione dell’ultima ora.

Ed è proprio su questo che vorrei soffermarmi ed esprimere la mia opinione pubblicamente nella speranza di risvegliare le donne e gli uomini di Carfizzi a cercare tutti insieme, per una volta, una via di uscita da questa situazione paradossale.

I fatti, anche se li conosciamo tutti, ve li riassumo brevemente.

In seguito alla dichiarazione, da parte dei vigili del fuoco, di inagibilità della chiesa, immobile di proprietà della Parrocchia, l’amministrazione comunale di Carfizzi, ritenendolo prioritario e coerente con i criteri per la concessione di finanziamenti stabiliti per l’esecuzione di opere di interesse pubblico, attraverso un non facile virtuosismo, era riuscita a devolvere per la realizzazione di una Chiesa nuova e rispettosa dei criteri di sicurezza, una parte di un finanziamento regionale oltre ad altre risorse concesse per la riqualificazione urbana del Paese.

Alcuni parrocchiani, per paura di rimanere per lungo tempo senza Chiesa, avevano timidamente chiesto, se possibile, la ristrutturazione della stessa. Le valutazioni tecniche strutturali sulla chiesa commissionate dalla Curia e pagate dal Comune, anche se lasciavano spazio a qualche riserva, protendevano per la demolizione. Nel dubbio, la giunta comunale, in accordo con l’arcivescovo, e nel voler evitare ulteriori e costose verifiche strutturali (30.000 euro!) che potessero decretare inequivocabilmente la necessità della demolizione, si era dichiarata favorevole alla demolizione dell’edificio – che, per inciso, non è di nessun valore storico-architettonico, trattandosi di una costruzione della fine degli anni ‘50, in cemento armato, la cui deteriorabilità è innegabile – ed alla ricostruzione di una nuova Chiesa, rispettosa anche delle norme anti-sismiche e che potesse riprodurre architettonicamente l’antica Chiesa di Santa Venere, che sulla base di documenti scritti e fotografici, e della memoria di alcuni concittadini, era molto bella.

Nella confusione e disinformazione generale, alcuni cittadini, appoggiati da chi cavalcava la protesta per fini tutt’altro che religiosi (fra un anno “forse” le elezioni comunali), si prodigavano a raccogliere consensi porta-a-porta per mettere il veto alla realizzazione di una nuova Chiesa chiedendo l’assenso per la ristrutturazione della Chiesa attuale. La popolazione risulta al momento divisa fra quelli favorevoli alla ristrutturazione e quelli contrari. Nel frattempo anche Don Luigi, vessato da queste vicissitudini, ha rinunciato all’incarico e se n’è andato; mentre l’arcivescovo, messo sotto scacco dagli eventi, non si è più pronunciato e non ha autorizzato la sottoscrizione dell’atto convenzionale necessario per l’inizio dei lavori di demolizione e ricostruzione.

Dopo un anno circa, le risorse messe a disposizione ammontavano a circa 430.000 euro. Di questi, 180.000 euro, per scadenza dei termini, non sono ora più utilizzabili, così come potrebbe essere persa a breve la restante quota, perché non utilizzata nei tempi, per le finalità per cui era stata devoluta dalla Giunta comunale.

La situazione, a mio parere, è a dir poco beffarda e sconfortante!

In un periodo contrassegnato da una crisi economica dilagante, c’è una cospicua disponibilità finanziaria comunale da utilizzare per la realizzazione di un bene, di cui se ne dovrebbe prendere carico la Parrocchia, legittima proprietaria, e non il Comune, e LA COMUNITÀ RELIGIOSA E NON DI CARFIZZI SI CONCEDE IL LUSSO DI RIFIUTARLO! MA CI MERITIAMO SUL SERIO QUESTA BEFFA? Dopo lo stallo, veramente, non possiamo evitare l’avvitamento e lo schianto al suolo?

Questo è l’epilogo di una vicenda in cui le invidie, l’arroganza, gli screzi personalistici e le prevaricazione di alcuni hanno avuto il sopravvento, facendo ricadere le conseguenze delle loro azioni su tutta la comunità, a cui addirittura, gli oppositori alla ricostruzione, disdegnando i finanziamenti sopraelencati, chiedono di provvedere alla ristrutturazione della Chiesa per mezzo di un mutuo comunale e di offerte da parte dei fedeli. A chi ha sostenuto la protesta, esplicitata in un commento, pubblicato da Giovanna Bastone il 21/02/2013 nel link http://www.celeste.it/comment/14#comment-14, vorrei dire semplicemente – citando una loro frase – che non c’è “alcuna logica perversa” nel proporre un intervento che duri nel tempo: le opere pubbliche di un certo rilievo, possono essere impopolari nel contingente, mentre possono essere motivo di orgoglio nel futuro, se eseguite nel rispetto delle normative; semmai, sarebbe stato più proficuo ai fini elettorali, per l’attuale Giunta, l’abbellimento e la semplice e veloce messa in sicurezza della presente Chiesa, come chiede l’opposizione, piuttosto che la sua demolizione e ricostruzione.

Faccio perciò un appello alla Giunta comunale tutta, in primis al sindaco Carmine Maio, alla coscienza collettiva dei cittadini di Carfizzi, e soprattutto mi rivolgo ai Consiglieri di minoranza – che hanno abbracciato la contestazione – a promuovere la realizzazione della nuova Chiesa con i finanziamenti pubblici faticosamente ottenuti e devoluti a tale scopo, ed uscire da questa ridicola impasse, di cui un giorno potremmo pentirci ed essere oggetto di scherno.

Vorrei sottolineare che il motivo del mio intervento è del tutto spontaneo e disinteressato, scaturito da un profonda tristezza per ciò che sta accadendo ad un Paese a cui sono affettivamente legata ed in cui un giorno forse vi farò ritorno. Il mio è un invito alla riflessione affinché si trovi al più presto una soluzione pragmatica che metta fine definitivamente alle diatribe sterili e distruttive in cui la comunità, suo malgrado, è stata coinvolta e che rischia di implodere se non ci sono sogni da inseguire.

"Se un uomo sogna da solo, il sogno rimane solo un sogno... ma se molti uomini sognano la stessa cosa, il sogno diventa realtà", Helder Camara, vescovo brasiliano, protagonista di tante battaglie sociali.

Commenti

Ciao a tutti.
mi auguro che il dibattito attorno alla vicenda della Chiesa di Santa Veneranda diventi un momento di riflessione circa quello che è accaduto e sta accadendo alla sociologia della nostra comunità. La discussione e il confronto civile sono alla base della democrazia. Mi è dispiaciuto trovare invece un linguaggio arrabbiato, violento e aggressivo, da parte più o meno di tutti, e trovo oltremodo sciocco e improduttivo discutere della questione partendo dalla storia personale delle persone in paese. Mi auguro un dibattito "trasparente" e democratico, in cui si indaga prima di prendere delle decisioni sciocche e avventate, dietro a motivazioni che non discuterò in questa sede.
Mi trovo in dovere a rispondere a quelle che sono delle "imprecisazioni" relativamente al tuo post, Giuseppina.
 
1. I carotaggi effettuati sulla struttura dell'attuale Chiesa di Santa Veneranda non sono sufficienti a dichiararne la necessaria demolizione, a detta anche di esperti in materia strutturale che lavorano in progetti di recupero, interessanti soprattutto opere in cemento armato ben più impegnative della nostra piccola Chiesa. Le opere in C.A. si recuperano, e questa è una scelta che, soprattutto in questo difficile momento storico, dà un indirizzo forte su quello che è l'indirizzo del fare politica, e per politica intendo effettivamente "l'aministrazione della cosa pubblica".
2. Il valore sorico artistico dell'attuale Chiesa non è certo paragonabile a quello della Cattedrale precedente, ma la sua valenza architettonica ha tutta la dignità dell'architettura del dopoguerra. Porta i segni della ripresa, della fiducia nel futuro e il cemento armato ha portato allora anche questo tipo di speranza; che poi sia opinabile la sua scelta per quanto concerne la costruzione e l'estetica degli edifici, questo è di facile comprensione. La nostra Chiesa non è una brutta Chiesa, meriterebbe solo che si risalisse allalettura di quello che era l'intento originale del progettista, attraverso una lettura attenta del suo disegno e una giusta lettura degli spazi. E questo è oltremodo non solopossibile farlo, ma doveroso e giusto per una società che si evolve, che cresce partendo dall'adattamento e dal miglioramento delle condizioni attuali. La demolizione resta comunque l'ultima scelta e, mi dispiace affermarlo, ma Carfizzi è già conosciuto nel circondario "culturale" come il paese dove si demolisce tutto. E per demolizione io intendo quella della memoria, che inevitabilmente accade quando gli edifici o i luoghi propri di uno scenario cittadino - paesaggistico vengono rasi al suolo.
3. Una ricostruzione fedele della vecchia Chiesa di Santa Venere risulta, per quanto mi riguarda, quasi una "blasfemia" in senso architettonico e costruttivo, come se a Crotone volessero rifare in il tempio di Hera Lacinia. Gli edifici non si ri-costruiscono: sarebbe oltre che obsoleto, un intervento storicistico di cattivo gusto, oltre che formalmente ed emoticvamente decontestualizzato in un paese che non è più quello di 4 secoli fa. Per quanto mi riguarda, e per quelle che sono le mie speranze non si promette il passato, ma il futuro.
Mi auguro un dibattito "trasparente" e democratico, in cui si indaga prima di prendere delle decisioni sciocche e avventate basate su investimenti ben più importanti di quelli dichiarati e dietro a motivazioni che non discuterò in questa sede. 
Buona giornata a tutti.

Grazie, Ursula, di aver espresso il tuo punto di vista e la volontà di aprire una discussione basata sui contenuti e non sui chiacchiericci di cattivo gusto. Per esprimere il mio e rispondere costruttivamente al tuo commento, ho bisogno di fare una piccola premessa.
In tutte le competizioni, Ursula, ognuno, naturalmente, pensa di aver dato il meglio di sé. Tu, in questo caso hai sviluppato una proposta che, a tuo giudizio, possa soddisfare a pieno tutte le problematiche esistenti riguardo la Chiesa (costi, finanziamenti, rispetto normative, sicurezza, architettura, urbanistica). Di conseguenza, non comprendi la necessità di una alterazione radicale dell’intervento (ritenuto da te “avventato e sciocco”) e ti senti amareggiata di fronte al rifiuto della tua proposta che ritieni la più “politicamente corretta e giusta”.
Chi più di me può capire il tuo stato d’animo? Quotidianamente mi ritrovo ad essere giudicata sui progetti che scrivo e nei lavori scientifici che pubblico che, per prassi sono sottoposti al giudizio di revisori esterni. A volte mi rendo conto della mancanza di imparzialità dei revisori che, sebbene anonimi, esprimono pareri non esenti da conflitti di interesse. Spesso però, molto spesso, i giudizi sono più oggettivi e condivisibili e mi fanno capire che il progetto o il lavoro scientifico che ho sottoposto, può essere migliorato o addirittura riscritto, grazie proprio alle loro critiche costruttive.
Tutto questo per dire che, tendenzialmente siamo tutti autoreferenziali, Ursula, proprio in virtù di quell’autostima che ci sorregge, ma che si ridimensiona (viva Dio) ogniqualvolta ci confrontiamo con gli altri. Arroccarsi dietro la propria proposta, e imporsi credendo di aver concepito la migliore in assoluto e non soltanto dal punto di vista architettonico, ma anche da quello amministrativo e politico, non è l’atteggiamento più intellettualmente vincente. Bisogna proporsi con la dovuta umiltà ed accettare il confronto e le critiche degli altri, sulle cose per cui si è chiamati a farlo e non per cose o scelte che competono, istituzionalmente ad altri. Potrei fermarmi anche qui, ma, visto che ci sono, pongo alcune “critiche” al tuo commento e lo faccio per amore di una discussione che sia intellettualmente onesta, perché non ho nessun conflitto di interesse per esimermi dal farlo (lo potrei sottoscrivere).
 
1.Intanto parto dalle tue considerazione sull’attuale edificio-Chiesa. Premetto che, se sul piano ideologico ci possano essere divergenze fra le persone, su quello artistico si aprono delle voragini. Che questa Chiesa però possa essere definita “non brutta” mi lascia un po’perplessa. Che gli edifici in cemento armato, ed in particolare le Chiese del dopoguerra, siano brutte non è un luogo comune qualunquista. Mi darai atto che è un giudizio che unisce per una volta sia i semplici fedeli che i critici d'arte così come gli intellettuali laici. E tanti Carfizzoti, hanno preferito sposarsi nella piccola Chiesa di S.Antonio, piuttosto che nella Chiesa Madre, per questo motivo.
 
2.Cosa abbia spinto il sindaco a proporre un’idea così “sciocca ed avventata”, non lo so, ma me lo posso immaginare. Abitandoci di fronte, è costretto a contemplarlo tutte le mattine, è forse veramente un “suo sogno”, e si era ripromesso, prima o poi, di realizzarlo. Ha colto al volo l’inagibilità dichiarata dai vigili del fuoco e la sua probabile instabilità - anche se, come avevo detto, parzialmente verificata – e nella sua “follia” ha fatto una proposta più coraggiosa: io non ci vedo nessuna scelleratezza.
 
3.La demolizione che, nell’immaginario collettivo, appare come un atto violento e luttuoso, nei confronti del passato, è spesso un atto dovuto. Come saprai questo sta avvenendo, nelle nostre città, e si stanno distruggendo gli “ecomostri”, anche se non deteriorati e pericolanti per mancanza di manutenzione, costruiti nel dopoguerra.
 
4.Mi rattrista che, proprio te, che rappresenti il futuro, la novità, e che hai coltivato studi che girano intorno all’idea del “bello”, non condivida questa idea di cambiamento sulla Chiesa e  ti ponga problemi di costi e finanziamenti, che non ti competono, e su cui stanno faticosamente lavorando altri.
 
5.Le scelte politiche hanno fallito, quelle consumistiche anche. Bisogna ripartire dai sogni,  costruire per il domani, non per l’oggi, farlo con tecnologie smart, con modalità durature, sicure e confortevoli e ispirate alla bellezza delle opere del passato. Perché accontentarti e seguire ciò che è politicamente corretto per Carfizzi, quando è possibile fare di più? Perché non aiutare invece la giunta comunale a costruire qualcosa di veramente creativo e che risulti, secondo la tua sensibilità artistica, meno “pacchiano” o “blasfemo” dal punto di vista architettonico? Tu ne hai le competenze, ripeto, mettile a disposizione ed uniscile a quelle ingegneristiche di qualcun altro così da proporre qualcosa di oggettivamente valido e dirompente, e di cui le generazioni future possano esserne orgogliose. Non perdete questa occasione, osate!
 “Siate affamati, siate folli” (Steve Jobs)

 
Ciao Giuseppina, mi dispiace tornare su posizioni e chiarimenti che a me sembravano abbastanza limpidi.
In particolare, il mio intervento, come dici anche tu, esulava da attacchi personaie, ma si basava soltanto su punti di vista prettamente tecnici.
La mia proposta è “una” proposta, basata su un punto di vista, più o meno condivisibile e su constatazioni legate a un certo modo di pensare al futuro, il futuro che si recupera.
 
La mia amarezza non viene affatto dal rifiuto della mia proposta e se dalle mie parole questo è quel che è venuto fuori penso che siamo su piani per cui la comprensione diventa problematica.
La mia autoreferenzialità, limitata dal buon senso e dalle critiche costruttive, com’è sempre stata, è una caratteristica della mia persona che non porto mai in piazza, o comunque è sempre accompagnata da una buona parte di quel che chiamiamo “dubbio”, per umiltà e per  essere abbastanza recettiva da cogliere idee migliori di quelle che possono essere le mie. Lungi da me il pensare che possa aver proposto la soluzione migliore, sicuramente è una soluzione coerente con quelle che sono le mie posizioni tecnico – etiche.
 
Ed essendoti vicina nel non avere conflitti d’interessi in merito rispondo volentieri ai tuoi 5 punti.
 
1. Bellezza e Bruttezza penso siano termini così oggettivamente difficili da usare che nelle questioni tecniche e nei giudizi in merito a questioni come questa risultano essere addirittura impropri.
Ogni edificio ha una forma e la forma non è mai bella o brutta. La forma di un edifico deve funzionare, qui sta la sua bellezza. Mi rendo conto che sono considerazioni legate a un certo percorso di studi, e questo è il motivo per cui non riusciamo a capirci.
Per un edificio nuovo riconcepire una forma bella diventa più facile, in un edifico esistente riscoprirne la dignità è un processo ugualmente importante e “magico”. Ma non mi dilungherò su una lezione di semiotica.
 
2.E’ questa proposta coraggiosa che si discute in questa sede infatti.
 
3.La nostra Chiesa non è un ecomostro, ciò non toglie che potrebbe essere migliorata da un punto di vista estetico, ma paesaggisticamente parlando si inserisce nel contesto in maniera non più grave rispetto ad altre realizzazioni fatte a Carfizzi.
 
4. Non mi permetterai mai di proporre quello che per me è bello, i miei interventi partono sempre da quello che c’è già in un luogo, cercando di rispettarne le preesistenze. La valutazione di costi e finanziamenti ci compete, in quanto siamo dei tecnici, e il processo edilizio è parte del processo produttivo, da cui non può prescindere.
 
5. Per ogni cosa noi siamo stati a disposizione della Giunta, soprattutto in questo caso. Ma per far parte di un confronto la nostra proposta comunque doveva essere presa in considerazione, cosa che non è avvenuta quando ve n’è stata la possibilità, ma solo quando ci siamo accorti, con molta amarezza, che il nostro plico in Comune non è stato aperto.
 
A presto.

Non me ne voglia facebook ma io preferisco utilizzare il sito di Celeste per ravvivarlo e poi fb ha già troppi utenti e visibilità.
Carissima Giuseppina con il tuo intervento che condivido e sottoscrivo, da scienziata quale sei, hai analizzato in modo chiaro e inequivocabile la situazione che si è venuta a creare in paese.
Tralasciando gli aspetti tecnici sui quali non mi permetto di entrare abbiamo ormai tutti ben capito e, tra le righe lo scrivi anche tu, che la questione chiesa è sempre e solo stata una questione politica fin dall'inizio. Si è convogliato il malcontento basato a mio parere solo sull'invidia per fare propaganda politica. Cerco di spiegarmi meglio.
Gli interventi di miglioramento urbano posti in essere dall'amministrazione in questi ultimi anni sono stati tanti e possono essere o meno condivisi (esiste per fortuna il diritto e la liberà di critica). Quello che proprio non mi va giù è quando la critica viene espressa solo per invidia e cattiveria e quando questi nobili sentimenti vengono sfruttati a proprio vantaggio dalla cosidetta intellighenzia carfizzota che li ammanta pubblicamente con bei discorsi di sociologia urbana e di recupero della memoria storica.
Come ormai è noto a tutti a giugno viene dichiarata l'inagibilità della chiesa. L'amministrazione si muove per reperire i finanizamenti necessari alla sua ricostruzione. Come in altre anche in questa occasione, come giustamente sottolinea Roberto nel suo intervento, si è inziato a vociferare che si voleva favorire la famiglia che abita vicino alla chiesa e la cui proprietà non è minimamente interessata da questo intervento. La chiesa che fino ad allora era stata sempre criticata da tutti perchè brutta, fredda in inverno, caldissima in estate diventa ad un tratto patrimonio della nostra memoria storica. Ma siamo impazziti? Già nel 2005 il nostro amato parroco Don Damiano scrisse in occasione dei cento anni del comune "...Questo nuovo popolo porterà con dignita e fierezza i sogni di una triste oppressione padronale. Vive la sua fede religiosa. Infatti costruisce una bellissima chiesa che tuttavia sara abbattuta nel 1950 / 1960 per dar posto ad una costruzione non ben accettata dal popolo"
Per scongiurare l'abbattimento di questo grande patrimonio (storico?) viene organizzata una raccolta firme non solo in paese ma anche nelle città dove vivono parecchi carfizzoti dando ad essi un'informazione sull'intervento a dir poco parziale se non addirittura falsa.
Negli incontri con l'amministrazione i toni usati da parte di alcuni (per fortuna non tutti) nei riguardi del sindaco sono eccessivi e irrispettosi non solo della persona ma dell'istituzione che rappresenta e che come tale deve essere rispettata.
A questo punto mi chiedo ma se si tratta solo e unicamente di preservare la nostra memoria storica e non di andare contro l'amministrazione, perché queste stesse persone, che ora si danno tanto da fare per una struttura pericolante in cemento armato, non sono intervenute per difendere la chiesa di S. Antonio costruita nel '600 da una ristrutturazione progettata dal nostro ormai ex parroco che ne ha stravolto in modo definitivo gli interni? A mio modesto parere gli interventi sarebbero dovuto essere di recupero e restauro per riportare la chiesetta al suo aspetto originario. Nessuno si è mosso anzi da molti carfizzoti questi interventi sono stati pure apprezzati. Due pesi e due misure.
L'amministrazione comunale non ha alcun obbligo di reperire finanziamenti per beni che non sono di sua proprietà. Ha avuto la sensibilità di farlo ma si sono creati solo problemi quindi io consiglio al sindaco di investire questi soldi verso altre opere. Vorrà dire che alla chiesa ci penseranno coloro che hanno creato tutto questo casino in primis il vescovo e l'intellighenzia attingendo ai loro conti corrente.
Ormai Carfizzi è in perenne campagna elettorale ma di questo clima certamente non si avvantaggia la comunità.
Vorrei tanto che il mio paese tornasse ad essere quello ricordato da vecchi amministratori in cui ci si attaccava durante le campagne elettorali ma dopo una settimana si ridiventava tutti amici e si tornava a giocare a carte, a ridere e a scherzare. Vorrei che ridiventasse il paese descritto da don Enzo Rizzuti in modo mirabile nella sua poesia "C'era una volta...in Carfizzi"
Coloro che non conoscono la poesia possono leggerla collegandosi al sito www.carfizzidascoprire.it/poesia.
Alla prossima Domenico Viviani
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ciao a tutti,seguendo un poco la "vicenda chiesa",mi e' parso di "notare",una cosa,che purtroppo "noto" spesso ogni qualvolta che mi capita di "osservare"..., le "cose" di "Carfizzi;
mi spiego meglio,a me succede ogni volta che leggo,sento,ascolto di Carfizzi,di avvertire una sensazione un po' "strana",e si uramente poco piace ole,avverto,non so se succede anche ad altri,una sensazione di ansia mescolata a rifiuto di quello che "ascolto"..,e vi giuro non vorrei proprio che mi "succedesse".
A volte a me sembra che molti di noi e mi ci metto anche io naturalmente,abbiano la "presunzione",di pensare che al mondo esista solo Carfizzi e le "idee,commenti,convinzioni,ecc"..,che ne fanno parte,ma credo sia chiaro a tutti,che non e'  cosi'!
Allora mi chiedo perche'? Perche' continuiamo a farci del male da soli,e vero anche che esiste la teoria della auto punizione..,secondo la quale alcuni si autopuniscono,per i propri peccati o colpe,ma forse e' giunto il momento di "fermarsi" un attimo e riflettere su quello che si vuol fare davvero,e cominciare col farsi un bel bagno di umilta' tutti insieme,magari nel laghetto "te croset"..,perdonatemi la battuta e "il quasi certo" errore di scrittura..!
Un caro saluto a tutti e come dice l'amico Pasquale,in arte Pfl..,vogliamoci bene,che e' meglio...!!! Ciao

Domenica scorsa sono stato in chiesa, quella di S.Stefano vicino casa, una chiesa dell' XI secolo. La sensazione che ho avvertito appena varcata la soglia è quella di entrare in un luogo sacro, un luogo fuori dal mondo, in cui si respira un certo clima "trascendente".
 
Perché allora, mi sono chiesta, quando entravo nella Chiesa di S. Veneranda a Carfizzi, io non ho mai avvertito alcuna percezione “mistica”? Cioè, io so che quello è sempre e comunque un luogo sacro, ma non riesce a trasmettermi nulla, non mi comunica nulla di spiritualmente alto. Questa mancanza di spiritualità intrinseca alla costruzione stessa è purtroppo un aspetto comune alle chiese “senz’anima” costruite nel dopoguerra, tranne rarissime eccezioni.
 
E allora, mi perdonino tutti gli addetti della materia, incuriosita e desiderosa di avere delle risposte a questa domanda, ho cercato di capire le motivazioni che hanno spinto gli architetti nel dopoguerra a costruire chiese con caratteristiche così poco trascendentali.
 
Secondo Sgarbi le chiese moderne sono brutte perché costruite da architetti atei. E’ questa potrebbe essere una risposta.
 
Ma l’analisi che più mi ha colpita è quella dell’architetto Ciro Lomonte che vi ripropongo integralmente:
Le chiese moderne non persuadono. Visitandole si percepisce la difficoltà dei contemporanei di esprimere il trascendente nelle opere d’arte sacra. I fedeli sono condannati a frequentare chiese che assomigliano spesso a palestre, garage, supermercati, scuole, o addirittura piscine. Forse chi le ha disegnate intendeva riprodurre le situazioni della vita quotidiana nei luoghi demandati all’incontro con la Trinità. Eppure in questi ambienti stranianti non si riesce a instaurare alcun rapporto né con Dio né con gli uomini. A volte si avverte la solitudine come in nessun altro spazio. E pensare che la chiesa, ormai, non è più il luogo dove si prega, ma dove si fa l’assemblea, proprio come avviene nelle aule di culto protestanti.
Sono le chiese «moderne», quelle cresciute nel dopoguerra, ma soprattutto dagli anni '60. Nell' epoca seguita al Concilio Vaticano II che - così si era immaginato - rompendo schemi liturgici secolari avrebbe liberato una creatività insospettata anche nel campo dell'architettura religiosa. E invece. Le chiese «senz'anima» hanno dimostrato che non è così facile parlare di cose universali alla modernità secolarizzata e «relativizzata», e che se non si sta attenti, appunto, la ricerca di «segni essenziali» può dar luogo banalmente a un plinto da garage.
 
Ma persino il papa Giovanni Paolo II era dello stesso parere. Dice infatti Ruini, interpretando il pensiero di Giovanni Paolo II: la rottura del "giusto rapporto tra forma e contenuto", va di pari passo "all'urbanizzazione selvaggia che ha finito con lo spersonalizzare i centri abitati privando di significato e di importanza anche quei luoghi sacri che per secoli avevano svolto una funzione sociale di aggregazione e dialogo". E così Giovanni Paolo II aveva deciso di ridisegnare il tetto di chi prega.
 
Dopo queste brevi ma significative letture, mi sono sempre più convinta che demolire la nostra attuale Chiesa non è un sacrilegio, restituire una Chiesa - quella di Santa Venere - al nostro Paese, recuperandone la memoria storica e spirituale, è un atto di grande generosità.
 

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