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"Il Piemonte era pieno di debiti; il Regno delle Due Sicilie pieno di soldi. Quante volte abbiamo letto che i titoli di stato del primo, alla Borsa di Parigi, quotavano il 30 per cento in meno del valore nominale; quelli del secondo, il 20 per cento in più; e che al Sud, con un terzo della popolazione totale, c'era in giro il doppio dei quattrini che nel resto d'Italia messo insieme? L'impoverimento del Meridione per arricchire il Nord non fu la conseguenza, ma la ragione dell'Unità d'Italia. La ragione dei pratici; quella dei romantici era un'ideale. Vinsero entrambi. «O la guerra o la bancarotta» scrisse il deputato cavou-riano Pier Carlo Boggio, nel 1859, nel libretto Fra un mese (ci siamo, neh?). «Il Piemonte è perduto,» conclude, dopo averne analizzato i bilanci, un giornale dell'epoca, l'«Armonia» (fra i suoi fondatori Gustavo Benso, fratello di Cavour), «le sue finanze non si ristoreranno mai più»: lo ricorda Angela Pellicciari in L'altro Risorgimento. Ma, compiuta l'Unità, si fece cassa comune (una piena, l'altra vuota) e con i soldi del Sud si pagarono i debiti del Nord: al tesoro circolante dell'Italia unita, il Regno delle Due Sicilie contribuì con il 60 per cento dei soldi, la Lombardia con l'1 e uno sputo per cento, il Piemonte con il 4 (ma oltre la metà del debito complessivo). Negli stati via via annessi alla nascente Italia, appena arrivavano i piemontesi, spariva la cassa; ma nulla di paragonabile alle razzie e ai massacri compiuti al Sud. Gli unitaristi videro realizzato il proprio sogno (i superstiti... che in diciassette anni di regno di Carlo Alberto, riferisce Lorenzo Del Boca, in Indietro Savoia!, furono giustiziati più patrioti dal Piemonte che dall'Austria tiranna e sanguinaria); qualche altro ne pagò il prezzo, i furbi riscossero." (da "Terroni" di Pino Aprile - PIEMME edizioni)
Una storia mai raccontata
150 anni di Verità nascoste sull'Unità d'Italia
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