Per un 1° maggio di legalità e lavoro

da "Corriere della Calabria" del 30 aprile 2018

di Angelo Sposato

Viaggiando per raggiungere Carfizzi, passando da Melissa, si respirano le campagne e le colline calabresi. Quando si passa da Fragalà di Melissa e si ricordano Angelina Mauro, Francesco Nigro, Giovanni Zito, torna a mente il film sulla vita di Giuseppe Di Vittorio “Pane e Libertà” ed è facile ricondurre quelle immagini alle lotte contadine, ai martiri delle lotte per l’occupazione delle terre, a Fragalà di Melissa, a Portella della Ginestra. Ma anche alle lotte contadine in tutto il territorio calabrese, alle riforme agrarie di Fausto Gullo e alle migrazioni di massa successive a nord del Paese. In Belgio e in Germania e in altri Paesi in quegli anni, si reclutavano operai italiani, giovani, da destinare alle miniere di carbone. Il grande sogno delle lotte contadine si infranse con la fame e la miseria e molti figli di contadini furono costretti a emigrare e cercare fortuna. Quelle migrazioni, di cui siamo tutti figli, richiamano oggi l’attualità; la tendopoli di San Ferdinando, il lavoro sfruttato dei migranti ad un euro a cassetta, le condizioni di vita sono simili a quelle di cent’anni fa, il caporalato, una storia ciclica che si ripete e che si rinnova in chiave moderna, ma che consegna al sindacato un messaggio, chiaro e netto. Quello è il posto di confine, di impegno che il sindacato deve sviluppare, assieme a tutte le altre forme nuove di sfruttamento. Come coniugare l’impegno per combattere l’euro a casetta di sfruttamento nei campi con l’euro per ora di lavoro nei call center è la sfida che il sindacato ha dinnanzi. Ogni anno, l’1 maggio a Carfizzi si rinnova una storia, una tradizione, così come in tanti luoghi della Calabria. La festa dell’1 maggio in molte realtà e comunità calabresi è una festa popolare, al pari di quella patronale. I preparativi, la banda, il corteo, il comizio, la festa. Ricordi di braccianti agricoli e operai che insieme lottavano e rivendicavano un salario dignitoso. Lo scorso anno a Carfizzi ci siamo impegnati a celebrare il centenario dell’1 maggio 2018 della Montagnella e quest’anno, unitariamente, alla presenza delle segreterie nazionali saremo lì a mantenere la promessa. È difficile celebrare una festa dei lavoratori per un lavoro che non c’è. Gli ultimi dati sulla povertà, sull’occupazione giovanile e femminile in Calabria sono allarmanti. Non migliorano strutturalmente, nonostante la debole ripresa economica nel Paese. Lì dove si crea qualche opportunità occupazionale è lavoro povero, precario, indotto solo da incentivi e bonus e non da investimenti. Il tema centrale dell’1 maggio 2018 è quello della sicurezza sui luoghi di lavoro. Avviene a poche settimane dall’ennesima tragedia sul lavoro a Crotone, dove hanno perso la vita due lavoratori edili in un cantiere di un’opera pubblica. I morti sul lavoro sono aumentati negli ultimi anni in tutto il Paese, un fatto estremamente grave. Non è pensabile risparmiare sui costi della sicurezza, bisogna evitare che, nella logica degli appalti al massimo ribasso il lavoratore diventi l’anello più debole di una catena perversa di appalti e subappalti, pagando con la propria vita l’irresponsabilità di altri. Così come occorrono maggiori controlli, più ispettori coordinati con le forze dell’ordine. Abbiamo chiesto la convocazione dell’osservatorio regionale che sta in capo alla giunta regionale per un protocollo di legalità e responsabilità che consenta al sindacato l’accesso in tutti i luoghi di lavoro. La prevenzione è importantissima. Ma per la Calabria deve essere anche un primo maggio di speranza, una nuova primavera che parte dalla legalità, dall’impegno dei giovani, dalle opportunità che si possono creare dalle difficoltà, dal Lavoro, dal futuro. In questo momento vi è in atto una grande richiesta di cambiamento che viene dal Paese e dal Sud. Il 4 marzo i cittadini calabresi hanno espresso democraticamente il loro desiderio di cambiamento che l’attuale classe dirigente non è in grado di dare. C’è una domanda che chiama in causa le nuove generazioni, nuove forme di partecipazione che vanno aperte in un campo largo, non dai soliti volti della politica sterile e trasformista, che ai giovani consente sempre un posto in prima fila nei convegni, ma non consegna mai loro le leve del comando e se lo fa, è per fidelizzazione, familismo, eredità politiche o cooptazioni al ribasso, mai con un processo graduale di formazione e patto generazionale, senza un ascensore sociale e politico che premia merito e capacità. Ecco, serve un percorso di evoluzione culturale, di inclusione, allargato a tutti i fermenti e le energie positive che esistono in Calabria e partire dal merito, dalle conoscenze, dall’impegno sociale e civile, dalla lotta alla ndrangheta e dai temi degli ultimi, dalle “persone” che non ce la fanno, dalla lotta alle diseguaglianze, dal divario che ha prodotto la crisi con nuove forme di povertà e di esclusione, dalla sobrietà e dal rispetto che ognuno deve avere quando è chiamato a svolgere attività istituzionali, sociali, verso il disagio economico e sociale che vivono larghe fasce della società calabrese. Abbiamo chiesto alla politica regionale a novembre un cambio di passo con 6mila persone in piazza per affrontare questi temi, più confronti su vertenze delicate, che sono tuttora aperte e che aspettano risposte. La Calabria rischia il baratro e non può più aspettare, serve una nuova primavera di legalità, per lo sviluppo e il lavoro. I calabresi meritano un futuro migliore. Buon 1 maggio.

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